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Ho licenziato Dio

Fabrizio De Andrè
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Pietro (del 09/07/2007 @ 14:16:14, in Pensieri sciolti, linkato 944 volte)
 
Di Pietro (del 08/07/2007 @ 19:31:33, in Pensieri sciolti, linkato 1077 volte)

Ecco una breve poesia, usata tra l’altro anni fa da Amnesty International per un suo mailing, che mi ha profondamente colpito:

"Prima vennero per gli ebrei
e io non dissi nulla perché
non ero ebreo.

Poi vennero per i comunisti
e io non dissi nulla perché
non ero comunista.

Poi vennero per i sindacalisti
e io non dissi nulla perché
non ero sindacalista.

Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno
che potesse dire qualcosa."

Martin Niemöller (Pastore evangelico deportato a Dachau)


 
Di Pietro (del 27/06/2007 @ 14:29:53, in Pensieri sciolti, linkato 1032 volte)

Chi lavora in una grande azienda può capirmi.

E' molto di moda, ultimamente, comunicare ai dipendenti i valori etici della propria azienda, la sua missione benefica per il mondo, l'orgoglio di farne parte.

C'è un piccolo equivoco di fondo.

Noi siamo qui come lavoratori.
L'azienda paga il nostro lavoro e noi, o almeno molti di noi, lo svolgiamo al meglio.
Con un orario da rispettare, con delle regole da seguire, con dei diritti tutelati non dall'azienda ma dalle leggi dello stato.

Non c'è etica in tutto ciò.

E' un rapporto contrattuale.
Punto.

Io lavoro e rendo 100.
Tu mi paghi 60.
Tu guadagni 40, che costituisce il reddito sacrosanto dell'impresa.
Il 60 che mi dai, me lo darebbe anche un'altra azienda.

Non è un credo, una religione o un ideale. E' "lavoro".

E non sono orgoglioso di lavorare per vivere. Ne ho la necessità.
Come mangiare e bere: non sono mai stato orgoglioso di mangiare o di bere.
A volte mangio cose buone a volte cose meno buone. La differenza è la qualità, non l'essenza.

Mi basta, quindi, che l'azienda sia in grado di garantirmi un dignitoso benessere economico e ambientale.

Sono orgoglioso, di tanto in tanto, di lavorare per permettere a me e ai miei cari di mangiare e vivere. E neanche troppo bene, in fin dei conti.

Quindi, per favore, non riempiamoci la bocca con i valori dell'azienda, con l'orgoglio del "brand" e altre cose come queste.

Sono parole vuote che sconfinano facilmente nel ridicolo.

 
Di Pietro (del 11/06/2007 @ 09:34:45, in Pensieri sciolti, linkato 854 volte)

Chi ha teorizzato la lotta di classe vedeva nel padrone il peggior nemico dell'operaio, ma non poteva immaginare minimamente che ci potesse essere qualcosa di ancor più turpe: il manager.

Quando le aziende erano di uno o due padroni al massimo questi, stronzi quanto vogliamo, avevano tutto l'interesse a mantenerle floride per garantire un futuro ai propri figli.

Il manager, oggi, è invece mordi e fuggi: sa che rimarrà in azienda pochi anni e deve arraffare più possibile.

Solo "risultati" a breve termine, che non fanno altro che incrinare le fondamenta dell'azienda. Loro, i manager, quando ci saranno gli effetti dell'onda di riflusso della loro opera, saranno già in un'altra azienda.

E nessuno li controlla, essendo la proprietà frammentata e inconsapevole. Nessuno ha la visione d'insieme.

Aridatece il padrone, please

 
Di Pietro (del 01/06/2007 @ 16:03:00, in Pensieri sciolti, linkato 2442 volte)

Oggi, in questo momento, ho ritrovato su internet il testo di un racconto di Dino Buzzati, che ho amato e amo da sempre. E ho voglia di postarlo. Tutto qui...

Inviti superflui
        (Dino Buzzati)

Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andamo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso una vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. "Ti ricordi?" ci diremo l'un l'altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu - ora mi ricordo - non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d'Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d'inverno, probabilmente non rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei "Ti ricordi?", ma tu non ricorderesti.

Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell'anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo, sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu - adesso mi ricordo - mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l'anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all'ora giusta l'incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo nient'altro.

Vorrei anche andare con te d'estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose piú semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l'acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull'erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti "Che bello!". Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.

Ma tu - ora che ci penso - tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un'altra sigaretta impaziente di fare ritorno. E non diresti "Che bello!", ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta cosí. E non saremmo neppure per un istante felici.

Vorrei pure - lasciami dire - vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensí sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell'uomo. Ma tu - lo capisco bene - invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall'estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penserai al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d'oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo.

È inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sí almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d'estate o d'autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare - ti prometto gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie cosí amiche all'amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.

Ma tu - adesso ci ripenso - sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili da valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci piú a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.

(testo preso dal sito pianetascuola.it)

 
Di Pietro (del 27/05/2007 @ 12:06:43, in Pensieri sciolti, linkato 974 volte)

Venerdì sera c’è stata un’iniziativa di Emergency a piazza Farnese a Roma, per la liberazione del loro collaboratore Rhamatullah Hanefi misteriosamente detenuto in Afganistan.

Vauro e Ascanio Celestini

Tra gli ospiti sul palco c’era Ascanio Celestini che ha saputo, come sempre, affascinare il pubblico con la sua magia di affabulatore. Prima del suo intervento gironzolava intorno al palco indaffarato in telefonate al cellulare e poi si è seduto accanto al palco ascoltando le testimonianze di medici e infermieri di Emergency.

Ascanio Celestini

Purtroppo c’era poca gente.
Erano quasi di più i carabinieri in tenuta antisommossa. Almeno 5 autoblindo. E’ noto che i simpatizzanti di Emergency sono dei pericolosi facinorosi. Meglio essere pronti a tutto.
Vauro ha ricordato come la guerra sia folle e inutile. Come sia assurdo che i nostri soldi servano a pagare gente in armi (armi costosissime) che va nel mondo dicendo di portare la pace.

Vauro

Mentre sto scrivendo queste righe un rombo assordante da ore avvolge casa.
Abito a pochi metri dall’aeroporto di Pratica di Mare dove oggi e domani si sta svolgendo la Giornata Azzurra.
Aerei da guerra volteggiano nel cielo col loro rumore imponente.
Non hanno niente di azzurro. Anche il cielo oggi è grigio.
Gli aerei da guerra sono scuri, neri.
Proprio come la morte che dispensano dal cielo con le loro sofisticate e costosissime armi che noi tutti paghiamo.
Ma non posso non guardarli. E’ come la portaerei di cui parla Paolini nel monologo sul Vajont: i maschietti stanno sempre e comunque a naso in su a guardarla

“Io preferisco il fondamentalismo cattolico a quello islamico.
Perché i video sono migliori.
Quelli del fondamentalismo islamico sono fatti col telefonino, si vedono male, poco luminosi, sfocati.
Quelli del fondamentalismo cattolico, invece, ci presentano piazze luminose gremite di gente.
Fatti tecnicamente molto meglio”

                                       Ascanio Celestini

 
Di Pietro (del 24/05/2007 @ 10:08:20, in Pensieri sciolti, linkato 961 volte)

Le discussioni di questi giorni sull'opportunità o meno di trasmettere in RAI il documentario "Sex crimes and the Vatican" della BBC (vedi post) mi fa pensare a come certe "deviazioni" possano derivare dalla forzata rinuncia del clero alla sessualità.

Se non erro il discorso è questo: rinunciando alla sessualità si cresce nella spiritualità.

Sarà corretto ? Non è che si confondono causa ed effetto ?

Non è più logico pensare che crescendo di spiritualità ci si disinteressi al sesso e non il contrario ?

Anche sui DI.CO. gli ambienti cattolici tendono a invertire il legame causa effetto ("I DI.CO. distruggono la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna !").

Mi chiedo quante persone sarebbero spinte a cambiare il proprio orientamento sessuale solo perchè c'è una legge che consente il matrimonio omosessuale.

Voi cessereste di essere eterosessuali se entrassero in vigore i DI.CO. ?

 
Di Pietro (del 17/05/2007 @ 16:00:14, in Pensieri sciolti, linkato 988 volte)

Nel 2006 la BBC ha trasmesso un documentario dal titolo "Sex crimes and the Vatican".
Su Google video è disponibile una versione sottotitolata artigianalmente:

Sex crimes and the Vatican

Assolutamente da vedere, perchè nessuna tv italiana lo ha mai trasmesso.... (almeno fino a che non lo ha fatto Michele Santoro)

 

 
Di Pietro (del 03/05/2007 @ 17:20:08, in Pensieri sciolti, linkato 892 volte)
Al concerto del 1° maggio Andrea Rivera ha deprecato il fatto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby.
Personalmente conosco molte coppie che, sposate in comune o semplicemente conviventi, hanno criticato i preti che rifiutavano di battezzare i loro figli.
A mio avviso essere religiosi ed essere cattolici sono due cose distinte.
Se si sceglie di fare parte di una chiesa che prevede l'infallibilità del proprio capo e delle sue decisioni, si deve essere coerenti.
Ne parlo con un'amica:
Io: "Ma la coerenza è proprio un optional in questo paese ???!!!"
Cristina: "Non è un optional, è un handicap"
 
Di Pietro (del 02/05/2007 @ 11:42:05, in Pensieri sciolti, linkato 806 volte)

Il collaboratore di Emergency Rhamatullah Hanefi, «sequestrato» dai servizi segreti afgani, sarà processato da un tribunale.
I crimini di cui è accusato non prevedono, per l`ordinamento afgano, il diritto ad avere un difensore.
Ricordo male o in quel paese siamo andati in armi a portare la democrazia ?
Probabilmente ne abbiamo portata una versione di seconda mano...

 
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